Stato di necessità

Quel Terzo Polo lascia perplessi

di Francesco Nucara

Il Terzo Polo o Polo della Nazione, come si chiama o meglio come si chiamerà, avrà un futuro difficile da tradurre politicamente, come dice Peppino Caldarola su "Il Riformista": "Rutelli, Casini, Fini e altri, tra cui Paolo Guzzanti, si sono riuniti in uno stato di necessità".

Se quello che paventa Caldarola fosse vero, e secondo noi lo è, ci troveremmo davanti a un "predellino" bis. E questo vieppiù se il prof. Campi, direttore della Fondazione "Fare Futuro" che fa capo al Presidente della Camera, arriva ad affermare, a proposito del Terzo Polo: "Rischia di apparire un’operazione che fai per necessità, ma alla quale, forse, non credono fino in fondo neppure i suoi promotori" ("La Stampa" del 17 dicembre 2010).

A questo si aggiungono i mal di pancia di Luca Barbareschi sulla prospettiva laica di questa aggregazione e di Roberto Menia che per il Fli dice: "Avremo le mani totalmente libere, risponderemo alla nostra coscienza. Non siamo davanti ad un Terzo Polo nato per fare la politica dei ‘due forni’….."

Come inizio non c’è male. Qual è la base politica e quale quella programmatica? Come conciliare una politica "nordista" alla Dellai con coloro che a questo Stato preferirebbero il ritorno dei Borboni (Raffaele Lombardo), oppure la propensione verso il nucleare di Pier Ferdinando Casini con gli ex Verdi che stanno con Rutelli?

A noi sembra di trovarci di fronte ad un agglomerato di calcestruzzo con poca, pochissima quantità di cemento, destinato a crollare alla prima scossa di terremoto.

Più che ad un progetto politico, che se maturato potrebbe avere un certo suo proprio significato, sembrerebbe (e non è il caso di Casini o Fini) di trovarsi davanti ad un "si salvi chi può". Coloro che pensano di non essere ricandidati, e invece lo desiderano fortemente, cercano improbabili sponde elettorali invece di ricercare alleanze politiche definite sulla base di una progettualità assente nello scenario politico italiano.

Noi abbiamo cercato di dare una prospettiva politica a tutto ciò attraverso un congresso a tesi, tanto osteggiato da chi poi è scappato verso altri lidi politici. Forse oggi meglio di prima riusciamo a capire compiutamente il significato di quell’avversione.

La domanda che ci siamo posti in questi giorni è chiara e semplice: come si fa a fondere una sintesi di storie, tradizioni, programmi tanto diversi e diversificati tra loro?

Qual è il collante che ci può unire a questa variegata compagnia?

Se Berlusconi "acquistasse" veramente deputati, potremmo pensare che anche il Polo della Nazione si muova nella stessa direzione, assicurando la rielezione in Parlamento a chi per scelte partitiche o politiche questa assicurazione non ha più. E resisterà l’on. Buttiglione al richiamo del Presidente della CEI: "Il voto del Parlamento ha espresso un desiderio di governabilità in modo chiaro e democratico" ("Il Sole 24 Ore" del 16 dicembre 2010)?

Come ebbe a dire Cino Macrelli intervenendo all’Assemblea Costituente nella seduta del 21 aprile 1947: "Il nostro pensiero è già conosciuto: noi abbiamo una storia, abbiamo una tradizione. Anche questi articoli trovano, o dovrebbero trovare, la loro base, il loro fondamento sul principio di libertà. E il nostro partito che è il partito classico della libertà, ha bene il diritto di dire qualche cosa a proposito dei problemi che sono sottoposti al nostro esame e alla nostra critica". Per l’appunto il diritto a dire qualche cosa è patrimonio del Partito Repubblicano Italiano e non dell’egoismo dei singoli.

A proposito ricordiamo il ruolo svolto da Ferdinando Adornato, quand’era in Forza Italia, per la costruzione del Partito Unico aderente al Partito Popolare Europeo e ad un’Europa dalle radici cristiane. Tra quelli che allora aderirono alla Casa delle Libertà, i repubblicani, pur non facendo parte della CdL, furono invitati a firmare, ma si rifiutarono.

Continuiamo a tenera alta la bandiera con l’Edera sapendo che questo simbolo, dal 1834, ha subito tanti scossoni e tante traversie, ma è ancora vivo e vegeto nelle nostre sezioni che, anche se diradate, esistono ancora, mentre altri non sanno nemmeno dove riunirsi.

Noi più che al Partito Popolare Europeo vogliamo contribuire ad allargare la famiglia liberaldemocratica europea.

E’ questo il nostro disegno e, se non riuscissimo a realizzarlo noi, altri che ci seguiranno ci riusciranno certamente. E’ questa la mai domata tempra repubblicana.